venerdì 21 agosto 2009

Guida al Sacramento della Riconciliazione

Un giorno sono entrato nella Chiesa di Santa Francesca Cabrini in Lodi e ho trovato un pieghevole contenente un sussidio per la Confessione. Lo voglio condividre con tutti voi...eccolo:


GUIDA AL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

Nessuna azione che un uomo possa compiere è davvero neutra: inevitabilmente, o coopera al bene o è contro di esso.
Ma chi stabilisce qual è il bene? Per il credente, il codice morale viene da Dio: i comandamenti non sono divieti o restrizioni; rappresentano, invece, la segnaletica che il Padre ci offre perché percorriamo la via verso una Vita alta, votata alla giustizia e alla nostra realizzazione autentica. In essi, si articola il precetto fondamentale dell’amore, amore per il Signore e per i fratelli. Misurare seriamente e onestamente sui comandamenti la nostra condotta significa soltanto confrontarci con Dio, lasciarci dire da Lui dove e perché i nostri pensieri, le nostre parole ed i nostri gesti non sono serviti alla costruzione del regno ma hanno sterilmente obbedito a povere logiche umane.


L’ESAME DI COSCIENZA: IL CORAGGIO DEL SILENZIO.

Nel Libro della Genesi (3,9) Dio rivolge a Adamo la domanda “Dove sei?”. Ma Adamo prefigura ciascuno di noi: a ciascuno di noi Dio chiede “Dove stai, dove ti trovi, che stai facendo dei tuoi giorni?” Per rispondere è necessario il coraggio del silenzio; dobbiamo saper sostare, guardarci dentro, cercare risposte magari difficili, ma sincere.
La confessione chiede come premessa irrinunciabile una parentesi di deserto: Per la nostra modernità piena di suggestioni, si tratta di una sfida. Ma certamente vale la pena di vincerla: fermarsi, lasciarsi chiedere “dove sei?”, riflettere su ciò che si fa e su perché lo si fa, riconoscere la propria condizione e sottoporla al giudizio misericordioso di Dio: tutto questo può apparire strano, eppure rappresenta un’occasione preziosa, forse l’unica, per sfuggire il rischio di una corsa senza consapevolezza e di una spiritualità pericolosamente trascurata.
Per tutto questo, prima di accostarti al sacramento della Riconciliazione, dimentica la fretta, riappropriati del tuo scenario interiore e ascoltati nella tranquillità di chi non fugge né se stesso né Dio.


UN’ULTIMA NOTA.

Come apparirà evidente, la presente “guida” non ha la forma interrogativa tipica dei testi di preparazione al sacramento della riconciliazione.
A seconda della tua età e del tuo stato di vita, riprendi i punti che senti più adatti al momento che attraversi e partendo da essi prepara una confessione sincera e davvero rispondente alle esigenze della tua spiritualità.

____________________


1° Comandamento. Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altri dei di fronte a me.

“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Matteo, 22,37)

Riconoscere Dio come Signore, Signore della mia vita; dargli la preminenza, farne l’ispiratore delle mie scelte, ogni volta chiedermi “… e Dio?” non è facile. La seconda parte del comandamento indica però una condizione essenziale: avere il cuore sgombro da altri idoli. Se non servirò altri, se sarò libero da miti quali successo, denaro, potere, autoaffermazione, efficienza, potrò cercare di servire Lui, di orientare a Lui il mio modo di essere. Quali incalcolabili conseguenze avrebbe la frase “Tu sei il Signore Dio mio” se davvero cercassimo di darle attuazione …


2° Comandamento. Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio.

“Non esca dalla vostra bocca nessun discorso cattivo” (S. Paolo agli Efesini, 5,29)

Il nome rende riconoscibile, individua, designa: non offenderemmo mai il nome di una persona che ci è cara. Eppure quello di Dio è spesso sulla nostra bocca per motivi banali, o addirittura viene asservito all’ottusa volgarità della bestemmia. “Sia santificato il tuo nome”, insegna Gesù nel Padre Nostro. Abituiamoci a santificare il nome di Dio, cioè ad utilizzarlo solo nel momento privilegiato e significativo della preghiera: ci abitueremo a santificare Dio stesso e la vita che ci ha donato.


3° Comandamento. Ricordati del giorno della festa per santificarlo.

“Voi dovete rinascere dall’alto.” (Giovanni, 3,7)

La modernità tende a non distinguere più tempi diversi: tutto sempre uguale, tutto omologato. Si diffonde la mentalità che si possa lavorare anche la domenica. Ma questo disumanizza, toglie senso e sapore all’esistenza. Il cristiano difenda la domenica come “giorno di letizia e di libertà del lavoro”, secondo l’indicazione del Concilio. Salviamo la domenica come occasione per ritrovare la famiglia, la capacità di leggere, riflettere, parlare e pregare. Sforzarsi di elevare il significato del giorno di festa, ponendo al centro la partecipazione sentita, attenta e puntuale all’Eucarestìa, significa arricchire noi stessi, assicurare uno spazio rigenerante alla nostra dimensione spirituale.


4° Comandamento. Onora il padre e la madre.

“Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele” (S. Paolo a Timoteo, 5,8)

Onorare il padre e la madre parrebbe quasi legge naturale, che nelle diverse età trova diversa applicazione: da bambini si tradurrà in obbedienza, poi in rispetto e com-prensione, infine in aiuto, assistenza, sostegno materiale e morale. Ma al posto di “onorare” potremmo leggere il verbo “amare”. Amare, ovvero cercare di capire anche quando mentalità e opinioni divergono; amare, ovvero entrare in dialogo anche quando sbagliamo noi o sbagliano loro; amare, ovvero accettare interamente, con la sapienza del cuore e non secondo le esigenze del mondo.


5° Comandamento. Non uccidere.

“Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, perché tutti da Lui ricevono la vita” (Luca, 20,38).

Molti di noi si ritengono del tutto al sicuro dal rischio di poter uccidere un fratello, e probabilmente hanno ragione. Ma nel “non uccidere” va soprattutto letto un invito imperioso a difendere la vita da ogni forma di suo annientamento, anche lentissimo o non appariscente.
“Non uccidere” è anche non danneggiare il proprio corpo in cambio di gratificazioni effimere utilizzando alcool, fumo o droghe; “non uccidere” è non pronunciare parole o attuare strategie che possano, magari pian piano, avvilire o distruggere l’esistenza di qualcuno; “non uccidere” è rifiutare le logiche di morte sottese ad aborto, eutanasìa, sfruttamento e guerre.


6° Comandamento. Non commettere atti impuri.

“Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile” (Lettera ai Tessalonicesi, 5,23).

Come cercare l’irreprensibilità del corpo? Non certo nella sua mortificazione né, al contrario, in un utilizzo affrettato o egoistico delle sue potenzialità. Gesù ci insegna che l’impuro viene da dentro l’uomo, non abita la sua carne. Commetteremo dunque atti non puri se impuro sarà il cuore, se praticheremo la sessualità senza inserirla dentro un progetto alto: dono straordinario, mezzo privilegiato di espressione dell’amore, essa viene distolta dal suo senso, dalla sua bellezza e dalla sua stessa nobiltà quando vi si ricorre banalmente , per la mera soddisfazione di istinti personali. Irreprensibile non è il corpo muto; irreprensibile è il corpo che da linguaggio all’amore, rispettandone però i tempi e la maturazione. La totale appartenenza reciproca di uomo e donna trova espressione di fronte a Dio e alla comunità nel matrimonio: che anche la sua traduzione simbolica attraverso l’incontro fisico trovi spazio nella vita matrimoniale, senza anticipazioni che rischiano di impoverirne l’intimo significato.


7° Comandamento. Non rubare

“Chi rubava, non rubi più, ma lavori onestamente con le sue mani per farne parte a chi si trova in necessità” (S. Paolo agli Efesini, 4,28)

Anche il furto può sembrare evenienza a noi lontana. Ma esso assume forme diverse: è furto ogni appropriazione indebita di oggetti o, caso più frequente, di denaro. Rubati sono i soldi dell’assenteista, dell’evasore fiscale, del professionista o del commerciante che non rilasciano regolare fattura o scontrino. Rubati sono i soldi di chi sfrutta la propria posizione per “favori” tutt’altro che gratuiti. Purtroppo, è diffusa quella che si potrebbe definire “l’onestà fino ad un certo punto”. Al cristiano viene invece richiesta la limpidezza di una testimonianza molto più alta, che non giustifica la propria parzialità dietro cause o comportamenti sociali.


8° Comandamento. Non dire falsa testimonianza.

“Il vostro parlare sia sì quando è sì, no quando è no: il resto viene dal maligno” (Matteo, 5,28).

Gesù ha detto: “Guai a voi, ipocriti!” La parola è strumento preziosissimo, ma il suo facile e continuo uso nasconde insidie gravi. Fuggire la bugia è dovere del cristiano che ha scelto di essere pulito interiormente. Eppure quante piccole, quasi abituali falsità diciamo! Ingannare, non mantenere le promesse, farne di avventate o frettolose, fingere di pensare una cosa e in realtà dentro coltivare altre idee: sono tutti atteggiamenti di chi non è trasparente, di chi non ha il coraggio della verità. Nel vangelo si legge invece: “La verità vi farà liberi”.

9° Comandamento. Non desiderare la donna d’altri.

“Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Matteo, 5,28)

Le suggestioni che oggi riceviamo dalla pubblicità, dalla televisione, dal cinema, dalla stampa, costringono ad interpretare in maniera estensiva questo comandamento. Il problema è quello di una banalizzazione del desiderio di un estetismo deteriore. L’ostentazione della bellezza del corpo ci bombarda continuamente, serve a strategie di mercato e di vendita. Saper filtrare e circoscrivere gli effetti di una simile azione diventa premessa necessaria ad un controllo intelligente del desiderio. Quanto poi alla nostra quotidianità, e alla possibilità di iniziare relazioni illecite, resta virtù fondamentale la prudenza: proprio laddove attrazione o affinità particolari lasciano intuire l’esistenza del “pericolo”, è bene vigilare da subito. Nella consapevole rinuncia ad occasioni che potrebbero favorire sviluppi difficilmente dominabili, sta la grandezza del cristiano, peraltro chiamato a vivere la fedeltà alle proprie scelte definitive: solo così, cioè sperimentando anche la sofferenza, possiamo realizzare pienamente la nostra vocazione all’amore.


10° Comandamento. Non desiderare la roba d’altri.

“L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali” (S. Paolo a Timoteo, 6,10)

Non solo “non rubare”, ma addirittura “non desiderare”. In un’epoca come la nostra, epoca di desideri indotti con abilità dai padroni del consumismo, l’ammonimento divino suona quanto mai attuale. Se è il desiderio di avere a dominare, fatalmente cala l’attenzione per la sfera dell’essere. Eppure la vera qualità della vita non dipende tanto da ciò che si possiede, quanto da ciò che si è. Non lasciamoci dunque vincere dalle logiche che l’economia vorrebbe imporci. Impariamo a perseguire scelte di sobrietà e di misuratezza: saremo senza dubbio più liberi dalle cose e più capaci di incontrare gli altri.





PREGHIERA

Signore, Tu ci inviti a riconoscere
il male che abbiamo fatto,
Tu ci chiedi di cambiare il nostro cuore,
Tu hai messo dentro di noi
questo desiderio di riconciliazione.
Tu non vuoi umiliarci,
ma ci doni il Tuo perdono di padre,
Il male è in noi, ma abbiamo fiducia in Te:
Gesù ci ha mostrato la Tua tenerezza
e ci ha offerto il Tuo perdono.
Mandaci il tuo Spirito, Signore:
egli apra le nostre orecchie
per ascoltare La tua parola di pace.
Mandaci il tuo Spirito, Signore:
Egli cambi i nostri cuori di pietra
perché con cuore nuovo amiamo come Tu vuoi.
Mandaci il Tuo Spirito, Signore:
Egli schiuda le nostre mani
perché possiamo ricevere il Tuo dono.

Nessun commento:

Posta un commento